A che serve il bambino interiore?

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A che serve il bambino interiore?

Diciamo che il bambino interiore ha già rotto le palle ancor prima di iniziare ad occuparcene.

Ma poi perché dovrei occuparmi di questo bambino, io non ho voglia, le voglio io le coccole!

A questo punto è importante chiedersi “chi sta parlando?”.

Facciamo un passo indietro.

Quando sentiamo questa frase nascere dentro di noi è un preciso campanello: ci racconta che siamo completamente “cascati” nel nostro bambino interiore, con tutte le scarpe. 

Questo bambino interiore, bene o male abbiamo capito cos’è, a cosa serve e che lavoro svolge.

Abbiamo anche capito perché e percome è importante occuparcene.

Ma abbiamo veramente imparato ad ascoltarlo e a separarlo da noi?

Dopo il mio percorso di studi ho imparato a conoscere bene il “condominio” delle personalità che mi appartengono, c’è “Amanda” la segretaria impeccabile, c’è “DivaeDonna” che compare ogni volta che mi metto gli oli e i profumi per il corpo e mi travolge col suo vento passionale, lei fa comunella con “Afrodite”, piena di energia e divertentissima, compare in svariate situazioni, ma soprattutto quando ballo e quando cucino. Poi c’è “Paoletta” l’ansietta, c’è “Ivanka” quella che monta e smonta le scenografie, mette le mensole a casa e ama riordinare. E ci sono anche un sacco di personalità maschili, come “DoN Perignon” uno spendaccione che fa un sacco di regali, e “Sergio” uno che ama fare i conti con Excel… Potrei andare avanti per ore con le mie amate personalità, primarie o secondarie che siano.

Poi ci sono i bambini, già, perché i bambini sono tanti, non abbiamo mica un solo bambino interiore! Eh no, le questioni dell’anima son sempre più articolate di quanto si pensi.

Ci sono svariati bambini, che sono cristallizzati ciascuno nella sua età. 

Ci sono anche molti adolescenti, una volta, tanti anni fa, “Michelaccia” (una quindicenne molto irascibile, rigò la macchina di uno che le aveva rubato il parcheggio, successe, la sgridai, non accadde mai più).

Ma torniamo ai nostri bambini: per me imparare a conoscerli è stato un lungo percorso, che non è ancora finito e mi auguro non finisca mai.

I nostri bambini sono una risorsa troppo preziosa se vogliamo cambiare la nostra vita. 

E imparare a vederli fuori di noi è un’esperienza catartica che non ha prezzo. 

Significa imparare ad avere una intimità con se stessi, talmente ricca e preziosa che equivale alla scoperta di un tesoro. 

Un tesoro che nessuno potrà mai portarci via, a meno che non ci si identifichi col proprio bambino interiore, in quel caso eccome se il tesoro può essere depredato, da qualsiasi furfante.

Ma veniamo al dunque.

Per riconoscere le esigenze dei propri bambini interiori è indispensabile creare uno spazio tra noi e loro che ci permetta di vederli, insomma una distanza che ci consenta di metterli a fuoco.

Se riconosciamo il nostro bambino interiore fuori di noi, dandogli una forma, un’immagine, un colore, un nome, una precisa personalità, automaticamente la nostra testa percepisce che il bambino non siamo noi, ma è una specifica parte di noi. 

E il nostro cuore può iniziare ad amarlo.

Infatti, se vedo il bambino fuori di me: posso prendermene cura, esattamente come farei con qualsiasi altro bambino in difficoltà.

Immaginiamo di essere in una piazza affollata e si avvicina una bimba di 6 anni in lacrime perché non trova la sua mamma, sappiamo esattamente cosa fare, riusciamo a vedere la scena nitidamente. 

Con i bambini interiori accade la stessa cosa, ognuno di loro è cristallizzato in un bisogno inespresso e puntualmente il loro bisogno chiama, viene fuori come uno starnuto. Posso reprimerlo certo, ma comunque sale a galla. Così le richieste dei nostri bambini spingono dentro di noi per essere ascoltate e più vengono censurate, più tentano di emergere e si fanno pressanti. Talvolta addirittura attraverso nostri comportamenti che nemmeno siamo in grado di codificare.

Più sappiamo vedere i bambini interiori, più loro cominceranno a sentirsi accolti e questo è già un passo importante per iniziare a calmare il loro pianto o la loro richiesta che nel tempo, talvolta, si è fatta disperata. 

Ma come si fa?

Un po’ di pratica spiccia: 

si tratta di creare un centro, un centro consapevole dove ci siamo noi, noi che siamo TUTTO, un insieme di infinite possibilità, siamo quelli che dentro hanno un condominio di personalità che emergono all’occorrenza. 

La personalità che va al lavoro, quella che studia, quella che ama fare le scampagnate e quella che si prende cura dei propri figli, quella che seduce, quella che vuole divertirsi, la personalità pigra e quella iperattiva. Al centro ci siamo noi, con questo insieme infinito di personalità (e di possibilità) e una grande consapevolezza (questa consapevolezza va sviluppata nel tempo per avere un centro solido e stabile, e lo si fa con i percorsi di crescita personale, dalla psicoterapia, al coaching, ai gruppi etc. etc.). 

Se al centro c’è un “io Consapevole”, possiamo cominciare a vedere le energie che ne fanno parte e certamente saremo in grado di distinguerle e separarle da esso, osservandole una per una. 

Ad esempio, io conosco molto bene la mia energia (o personalità che dir si voglia) attivista, si chiama Yole, è insopportabile, non riesce a stare ferma un attimo, perfino quando è davanti al computer riesce a fare 10 cose insieme e se può finisce anche il lavoro che aveva delegato ad altri, perché sostiene che fa prima e meglio. A sera è devastata e vorrebbe piangere, ma se la lascio libera continua a lavorare, grazie al cielo interviene la mia personalità “Suor Placida” che la sera mette tutti a tacere e prevale sugli altri nelle ore del riposo!

Perciò: abbiamo un centro dove risiede un “Io consapevole” ben radicato e stabile, dove semplicemente riconosciamo di essere un sacco di cose, sappiamo che ci appartengono tante energie diverse e possiamo distinguerle, riconoscerle e utilizzarle in maniera consona.

Da questo centro possiamo permetterci di osservare e ascoltare il nostro bambino interiore, anzi, i nostri bambini interiori, uno per volta (ricordi i bambini sono tanti), possiamo vederli, come la bambina che piangeva nella piazza affollata. Possiamo permetterci di vedere come è vestito, se ha un’età, una forma, un colore, come è il suo sguardo, che energia porta… E a quel punto possiamo ascoltare il suo bisogno e soddisfarlo. 

A volte è facile soddisfare il bisogno di un bambino, a volte basta andare a prendere un gelato (dico seriamente, si va a prendere un gelato e si fa scegliere al proprio bambino interiore quale vuole, consapevoli che sta scegliendo lui e non noi). Altre volte è più complicato ci vuol cura e costanza come con tutti i bambini che hanno bisogno di supporto emotivo. Ma soprattutto coi bambini ci vogliono regole, le regole di un adulto in grado di comprendere le loro esigenze e di dare risposte, come: “a questo ci penso io che sono grande, non te ne devi preoccupare tu”. Sì, perché spesso i nostri bambini vogliono occuparsi di situazioni più grandi di loro e noi non ce ne accorgiamo, così si creano disastri, magari sul luogo di lavoro o in famiglia. 

Ecco, non è semplice riconoscere e accudire i nostri bambini interiori e ci vogliono persone competenti e specializzate che ci insegnino a farlo. Ma è possibile e soprattutto è bello, a volte può essere molto divertente ed è una cura potente, col tempo, diventa un modo di stare al mondo e ci insegna a riconoscere i bambini degli altri e ad essere più centrati e accoglienti gli uni con gli altri.

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